09/08/2023 di Alessia Mocci, campaign manager di Ideaginger.it

Chiedi e ti sarà dato: una call to action efficace fa la differenza

Su Ideaginger.it abbiamo da poco superato le 1.000 campagne ospitate, quindi anche 1.000 tra progettisti e progettiste accompagnati nell’organizzazione e gestione delle raccolte fondi. Come sapete, il nostro tasso di successo è del 95% e ne andiamo molto fieri, ma cosa succede a quel 5% rimanente? Quali sono gli errori più comuni in cui inciampano i nostri progettisti e progettiste?

Noi consulenti di Ginger siamo i primi supporter di chi lancia una campagna di crowdfunding in piattaforma: li prendiamo a braccetto, diamo consigli e affrontiamo dubbi e imprevisti.

E alcuni tra gli errori più comuni in cui ci imbattiamo, e che tutti i giorni facciamo in modo di correggere, sono nella formulazione della call to action: sbagliata, blanda, mancante o tante call to action nello stesso testo.

Partiamo dall’inizio: cos’è una call to action e perché è utile usarla bene.

Una campagna di reward based crowdfunding ha un obiettivo economico che deve essere raggiunto per poter realizzare un progetto che ancora non esiste. Per questo motivo i progettisti chiedono alla propria comunità di sostenere economicamente la raccolta fondi. 

La call to action è la “chiamata all’azione”, la richiesta di fare qualcosa, di solito caratterizzata da un verbo imperativo affinché l’invito esprima urgenza. 

Le persone sostengono i progetti se viene chiesto loro di farlo, e più la richiesta è chiara e diretta, più è efficace. Per esempio:

Nella verde e rigogliosa valle dove scorre il torrente Zena, c’è un bellissimo giardino. 
Qui, nelle serate estive, il fresco scende a far visita a chi si intrattiene dopo una giornata trascorsa nella natura, storia, arte e cultura della collina bolognese. 
Si mangia, si beve e ci si diverte, ma manca qualcosa: perché non organizzare un cinema all’aperto e godersi insieme un bel film? 
Per poterci dotare delle attrezzature adatte a rendere ogni proiezione un evento memorabile, abbiamo bisogno del tuo aiuto: un buon videoproiettore, un impianto audio e uno schermo che facciano sentire tutti in prima fila ti assicureranno serate uniche e piene di emozioni. 
Grazie al TUO contributo potremo ridere, piangere, spaventarci e strabuzzare gli occhi insieme, mangiucchiando popcorn e crostata, sorseggiando birra e sambuco. 
Sostieni la nostra idea e potrai unirti a noi nelle fresche serate cinematografiche!

I progettisti della campagna UN GRANDE SCHERMO per una piccola valle hanno chiesto una sola cosa in modo molto chiaro: “sostienici per realizzare il progetto insieme a noi”. 

E se è importante inserire una richiesta diretta nel testo della campagna, è altrettanto utile non dimenticarla in tutte le operazioni di comunicazione, nei messaggi, nelle mail e anche nei post Facebook. Darla per scontata o farsi prendere dalla timidezza non vi aiuterà, parola di Campaign Manager. Per esempio:


Quando, invece, la richiesta non è efficace? 

Attenzione alla user experience

La richiesta è meno diretta quando i progettisti chiedono di sostenere la campagna ma si dimenticano di inserire il link diretto: è molto improbabile che la persona che vedrà il post si metta a cercare dove andare per donare, è meglio servire il link su un piatto d’argento quindi direttamente nel testo di seguito alla call to action.

Nel seguente esempio le progettiste hanno annunciato sui social che la loro campagna di raccolta fondi era stata pubblicata, hanno chiesto di “condividere e donare” e poi hanno inserito il link del video caricato su YouTube. Ma se ci mettiamo nei panni del potenziale donatore ci rendiamo conto di non aiutarlo chiedendogli di fare un percorso più lungo con più click e una user experience meno agile. In questo caso nel post era presente un link (quello del video) ma chiedeva al potenziale sostenitore di fare diversi passaggi prima di atterrare, finalmente, sulla pagina del crowdfunding e sostenere il progetto.


Le progettiste, in seguito ad un confronto con i campaign manager Ginger, hanno poi aggiustato il tiro con i post successivi in cui hanno coinvolto magistralmente la comunità:


Più cose chiedi e meno ne ottieni

Dimenticarsi di inserire il link diretto non è però l’unica svista possibile. Altrettanto impattante per il successo della vostra campagna sarebbe inserire tante e diverse call to action. Se, infatti, il progettista chiede cose diverse il lettore o la lettrice non è portato a farne nemmeno una. 

Nel momento in cui si inseriscono varie call to action la richiesta che passa risulta diluita, meno urgente e quindi il lettore o la lettrice si sente meno coinvolto. Percepirà che il suo sostegno non è essenziale, quindi preferirà spostare la sua attenzione (e il suo sostegno economico) su altri progetti in cui sentirà di poter fare la differenza.

Per esempio un progettista ha inserito due link con due indicazioni diverse:


Il rischio in questo caso è che il potenziale sostenitore clicchi nel primo link per leggere le informazioni, poi si perda nei meandri di Internet e si dimentichi di donare. Ricordiamoci che nella pagina del crowdfunding ci devono essere tutte le informazioni necessarie per convincere il lettore o la lettrice a sostenere il progetto, quindi non è necessario rimandare ad altri link.

In quest’altro caso, invece, il progettista scrive nel post social una richiesta timida “Se puoi donare” e poi inserisce una call to action più diretta “Iscriviti alla Run”. Così facendo il lettore o lettrice non può percepire quanto è importante il suo sostegno per il raggiungimento dell’obiettivo del crowdfunding.


Se non chiedi non ottieni

Ma la comunicazione che sicuramente non porta alcun sostenitore nel contatore è quella che non chiede nulla. Le persone fanno qualcosa solo se i progettisti chiedono di fare qualcosa di preciso. 

Nella seguente newsletter possiamo vedere come il crowdfunding venga solamente presentato e viene “ricordato” che esiste la raccolta fondi, senza mai chiedere di sostenerla.


I progettisti di questa campagna hanno avuto difficoltà a chiedere alla propria comunità di sostenere il progetto, con questo tipo di comunicazione fiacca non è stato raggiunto l’obiettivo (ecco cosa succede a quel 5% di cui parlavamo all’inizio!).

Sappiamo benissimo che chiedere dei soldi è un tabù molto diffuso: abbiamo anche dedicato al tema un’intera puntata di Crowdfunding in pillole - il podcast di Ginger

Un suggerimento per affrontare questo scoglio è tenere a mente che la richiesta non è mai personale: Mario Rossi chiede agli amici di sostenere il progetto e si sente in difetto perché gli sembra di chiedere l'elemosina (sì, alcuni progettisti ci dicono di avere quella sensazione) ma invece la sua occorrenza non è mai legata ad un interesse personale, ma per realizzare un progetto condiviso e importante per tutta la comunità. 

Ed è questo il bello del crowdfunding, sottolinea come la richiesta non sia mai personale ma pragmatica. Il messaggio è “facciamo questo progetto insieme, il tuo sostegno è necessario per raggiungere l’obiettivo economico e concretizzare la nostra idea”. 

Non siate quindi timidi o timide! Ogni comunicazione è efficace perché ha un obiettivo, una sola richiesta diretta e concreta. Così facendo la vostra campagna di crowdfunding avrà una marcia in più :)